domenica 29 maggio 2011

Un solo vincitore..

Come ormai dovrebbe essere chiaro a chi ogni tanto ha voglia di leggere questo blog, qualvolta mi piace mettere da parte un po' la mia vita da fancazzista in Erasmus e parlare di qualche altra cosa che reputo importante. Beh, questo è esattamente uno di quei momenti, quindi mi dispiace per chi rimarrà deluso.
Come più o meno tutti sanno, ieri è stata disputata la finale di Champions League fra Manchester e Barcellona. Non parlerò della nostra serata, manco a dirlo passata a vedere la partita fra giochi alcolici di ogni genere, e continuata in una nation, per poi essere finita in condizioni indecorose. Non parlerò neanche della partita, che ha offerto uno spettacolo secondo me di tutto rispetto, con un gol di Villa che difficilmente verrà scordato. Parlerò di un ragazzo, che di professione fa il giocatore, ma non famoso e acclamato come può essere un Lionel Messi o un Wayne Rooney qualsiasi.
Il suo nome è Eric, nato l'11 Luglio 1979, a Lione in Francia. Discreta carriera, divisa fra Francia e Spagna, pedina importante degli scacchieri tattici in cui è stato inserito ma mai veramente fondamentale. Arriva vicino anche a vincere un mondiale, perso poi ai rigori contro un'Italia allora ancora definibile "squadra", in cui segna pure dal dischetto.
Il suo nome diviene tristemente famoso il 15 Marzo 2011, quando su tutti i giornali sportivi viene riportata la notizia che al ragazzo è diagnosticato un tumore al fegato. La sua storia sembra una triste storia come tante altre, con un duro e difficile percorso che dovrà essere affrontato per cercare di uscire da questa brutta situazione. Per un momento pure le più dure rivalità vengono dimenticate, e il Real Madrid si presenta in campo con una maglia di auguri di pronta guarigione a Eric.
Ma certe volte, pure il mondo del calcio, dove oramai il business la fa da padrone e rimane poco spazio per la passione,  può regalare delle belle storie da raccontare. Il 3 Maggio, meno di 2 mesi dopo l'intervento, Eric entra in campo al 90' di una semifinale di Champions League, sotto un'autentica standing ovation di tutto lo stadio. La sua battaglia l'aveva vinta, ma evidentemente non era abbastanza.
Ieri, 28 Maggio, Eric gioca da titolare la finale di Champions League, rilegando in panchina un mostro sacro come Carles Puyol, 12 anni e 348 partite nel Barcellona, capitano di tale squadra e della Nazionale. Nonostante poco più di 2 mesi prima sia stato sotto i ferri per una difficile operazione, in campo gioca come se nulla fosse, disputando una gran partita di corsa e grinta.
Il finale della partita è noto a tutti, con un Barcellona che si impone per 3 a 1, e con Puyol, entrato solo alla fine della partita, pronto ad alzare la coppa al cielo. Ma in certi momenti ci possiamo ricordare che un giocatore, prima di tutto, è un uomo, e ne esistono alcuni veramente fenomenali. Uno di questi è proprio Carles Puyol, che dopo una finale intera passata in panchina ad incitare i suoi compagni, senza mostrare alcun rammarico per la scelta dell'allenatore, cede la sua fascia ad Eric, per permettergli di sollevare la coppa e non solo di vincere, ma di stravincere la sua battaglia.

La coppa che ieri Eric Abidal ha sollevato intorno alle 11 e mezzo non è solo un simbolo della vittoria di una partita. Non è neanche il simbolo della vittoria di un'intero torneo. E' il simbolo della vittoria contro quello che la vita ti ha riservato, di una persona che, nonostante tutto, ce l'ha fatta, e nel migliore dei modi.
E non ce l'ha fatta perchè si chiama Abidal, e perchè gioca nel Barcellona. La sua storia può essere cambiata con un nome meno conosciuto, una professione meno popolare, e così via, ma la vittoria finale ha comunque lo stesso valore.
Storie come quelle di Abidal servono a tutti, e vanno ricordate a lungo, perchè sono quelle di cui la gente ha bisogno. Per continuare a sperare, forse a sognare, sicuramente per gioirne dopo la vittoria.

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